lunedì 26 maggio 2008

Modulo Pirandello: Unità Didattica 5

V UNITA’ DIDATTICA

PIRANDELLO E IL SUO TEMPO



Finalità: Questa unità didattica rappresenta un po’ l’anello di congiunzione tra le varie parti del modulo, ma si differenzia da esse per un approccio all’argomento comune di tipo più teorico. Allo studente che, attraverso la lettura guidata dei testi, ha acquisito e rielaborato i concetti basilari, si chiede ora di saper utilizzare quelle stesse conoscenze in contesti diversi da quelli di partenza e all’interno di un discorso di tipo interdisciplinare. Obiettivo è far conoscere l’autore attraverso la “cultura” della sua epoca, evidenziando i punti di contatto e le differenze tra il suo pensiero e quello di altri operatori culturali (filosofi e scrittori) europei, osservando il rapporto tra tradizione ed innovazione all’interno del suo sistema espressivo ed interpretando sia in senso storicizzante che in senso attualizzante la trasposizione letteraria della sua filosofia di vita.

Materie coinvolte: Italiano, Storia e Filosofia

Prerequisiti:
Conoscenza dei fattori materiali (biografici, individuali, psicologici, sociali e di storia locale) che hanno influenzato il pensiero di Pirandello.
Conoscenza delle principali opere e della poetica dell’autore
Assimilazione e rielaborazione dei concetti acquisiti mediante la lettura e l’analisi dei passi antologici estratti da opere appartenenti ai generi della novella, de romanzo e del teatro.

Obiettivi Specifici:
Individuare e quindi contestualizzare i modelli culturali e le poetiche dominanti di una determinata epoca
Individuare il rapporto tra fattori materiali ed ideali nella produzione letteraria di Pirandello
Conoscere e verificare nei testi gli aspetti e le fasi evolutive del pensiero di Pirandello rispetto a quello di altri autori europei a lui precedenti e contemporanei
Orientarsi nel rapporto tra influenze ed originalità
Formulare giudizi motivati in base al gusto personale e ad interpretazioni storico critiche.
Rielaborare criticamente i contenuti assimilati

Contenuti:
Pirandello nella cultura europea.
Testi: M. Proust. Dalla parte di Swann (Alla ricerca del tempo perduto)
L. Pirandello. La fabbrica dei ricordi ( I vecchi e i giovani)
La “filosofia” di Pirandello tra influenze ed originalità

Metodologie:
Lezione frontale
Lettura collettiva e analisi guidata dei testi
Ricerca di parole chiave
Discussione partecipata

Tempi: 5 ore
Strumenti: fotocopie dei passi antologici, lavagna, saggi critici.

Spazi: aula

Verifica: Questionario di riepilogo.

Articolazione dell’unità didattica:
Lezione 1
Lezione 2
Lezione 3

Lezione 1: La prima lezione si compone di due parti, una più propriamente teorica nella quale si pongono allo studente questioni di natura metodologica. Gli si chiede, cioè, di comprendere, attraverso l’enunciazione dei concetti di periodizzazione e di cultura, la complessità dei fattori che hanno inciso sulla formazione dell’autore e sulla sua visione del mondo. La spiegazione si incentra, infatti, sul contesto nazionale ed internazionale, del quale si indicano non solo i principali avvenimenti ma anche le loro radici storico-ideologiche. Il punto centrale è rendere, di un dato arco di tempo, l’intreccio tra le strutture materiali, la storia del pensiero e le correnti letterarie; più in generale tra le linee- guida di una cultura e la specificità delle risposte fornite dai singoli operatori culturali. La seconda parte è, invece, più didattica; attraverso la lettura collettiva e l’analisi intertestuale esterna dei passi tratti dai romanzi Alla ricerca del tempo perduto di M. Proust e i Vecchi e i giovani di Pirandello, si fornisce allo studente un esempio concreto del rapporto di reciproca influenza tra due autori che, seppur diversissimi tra loro, rispondono originalmente agli stessi stimoli culturali. (Durata 2 ore)

Lezione 2: In questa seconda lezione si cerca di esporre in maniera critica il pensiero dell’autore, dirigendo l’attenzione della classe sui concetti fondamentali, sottolineati più volte con l’ausilio di parole chiave, citazioni di opere e continui accostamenti a sistemi di idee analoghi. Gli argomenti trattati sono continuamente problematizzati in modo da educare lo studente al senso della complessità sia letteraria che culturale e in modo da stimolare in lui riflessioni personali sulla modernità del messaggio apportato dall’autore. (Durata 1 ora)

Lezione 3 :Discussione partecipata ( Durata 30 minuti)
Questionario di riepilogo diviso tra domande a risposta multipla utili per fissare concetti precedentemente assimilati e domande a risposta aperta sui nuovi contenuti. (Durata 1 ora e 30 minuti)


SVOLGIMENTO DEI CONTENUTI

Lezione 1: Pirandello nella “cultura” europea

Per poter comprendere a fondo il pensiero e l’opera di Pirandello è importante individuare i diversi fattori che condizionano la sua visione del mondo; fattori materiali, locali e contingenti legati alla biografia, come il contesto storico di origine, l’esperienza di formazione e la vita privata; fattori ideali legati alla presenza di una “cultura”, ossia di un sistema di idee sufficientemente unitario di cui l’autore ed altri intellettuali europei (scrittori, filosofi, artisti), provvisti di storie diversissime dalla sua, si rendono a vario titolo interpreti e protagonisti. In questo modo il concetto di “cultura” si estende ad includere tutti gli ambiti disciplinari (letteratura, filosofia, storia, arte, linguistica, sociologia) che partecipano sullo stesso piano, ma in modi diversi, alla formazione di un sistema generale di significati.
In questa unità si parte dalla periodizzazione perché è importante chiarire le radici storiche degli eventi che, nel lungo arco di tempo in cui è vissuto l’autore, hanno determinato con una certa accelerazione il passaggio alla “modernità” e la nascita della società di massa.
Sul piano internazionale il periodo che va dal 1890 al 1915 può essere definito storicamente, politicamente e culturalmente, l’età dell’imperialismo coloniale, molti Stati, europei e non, si affermano come potenze industriali ma la supremazia economico-politica si realizza con l’autoritarismo e la guerra (“pangermanesimo”tedesco, “boulangismo” francese); il mondo (Asia, America centrale e Africa) viene diviso in sfere d’influenza. Sul fronte interno, in quasi tutti i paesi industrializzati si diffonde, come reazione ai mali del capitalismo, il movimento sindacale e il socialismo;
sul piano nazionale alla nascita del Regno d’Italia fanno seguito i problemi dello Stato unitario nell’età della Destra e della Sinistra storica (1861-1876, 1876-1903); il trasformismo politico inaugurato dalla politica autoritaria e coloniale di Francesco Crispi, ( fasci siciliani 1894, sconfitta di Adua 1896); la diffusione del socialismo; la crisi di fine secolo e l’età giolittiana (governo liberale, riforme sociali, guerra Italo-Turca 1911-1912 e conquista della Libia); la partecipazione alla prima guerra mondiale (1915-1918); la crisi dello Stato liberale; l’affermazione dell’ideologia nazionalista e il ventennio fascista (1922-1945).
Sul piano culturale si registra lo sfaldamento delle certezze scientifiche maturate dal positivismo, viene meno la fiducia nel valore oggettivo della scienza, non più capace di fornire modelli di conoscenza e di sistemazione globale della realtà; la teoria quantistica della relatività (Einstein) rovescia le antiche categorie di spazio e di tempo respingendo ogni concezione deterministica e organicistica della natura. Il passaggio dalla scienza alla tecnica, avvertito positivamente quando si trattava di ottenere il dominio della natura fisica e biologica, ora viene avvertito come una minaccia, poiché esso ha investito il campo più propriamente "umano"; l'uomo in nome di una ragione tecnico-utilitaristica è stato ridotto a semplice oggetto tra oggetti. Di qui l'esigenza di mettere in crisi il concetto di ragione scientifica, quella ragione che non sa cogliere l'originalità dell'esistenza umana nella sua individualità e libertà, quella ragione che si limita a consacrare i fini dominanti delle nazioni coloniali di fine Ottocento. Si ridiscutono i fondamenti della conoscenza e, in modi diversi, si sottolinea l’importanza del punto di vista dell’osservatore interprete. Se da una lato la filosofia neo-idealista di Benedetto Croce dà ancora spazio ad una conoscenza di tipo oggettivo, quella dello spirito che si concreta nella poesia e nell’arte; nuove correnti di pensiero esaltano gli elementi irrazionali, istintivi e fantastici dell’uomo. Le scienze umane come la psicologia, l’antropologia e la sociologia si sganciano dalle loro premesse positivistiche e riflettono sui loro stessi fondamenti, indagano gli aspetti più in ombra della civiltà umana. Si approfondisce il lavoro della psicoanalisi grazie alle teorie di Sigmund Freud sulla suddivisione della psiche in tre livelli: l’Io(coscienza), l’Es (inconscio) e il Super-io (insieme di principi morali a cui l’individuo conforma i propri comportamenti), si diffonde la filosofia nichilista che, in campo letterario, trova espressione nella poesia dei decadenti Pascoli, D’Annunzio, Verlaine, Rimbaud, Baudelaire, Huysmans e Oscar Wilde. Nei primi vent’anni del Novecento, l’evento catastrofico della I guerra mondiale favorisce la consapevolezza della crisi del modello culturale borghese. Ne sono un esempio le esperienze estreme delle Avanguardie letterarie e intellettuali che, al di là dei singoli orientamenti (dadaismo, surrealismo, futurismo, espressionismo e cubismo), si affidano all’irrazionale, mirano a distruggere le forme tradizionali di comunicazione estetica e artistica, sperimentano nel linguaggio nuove forme d’espressione, sconvolgono i tradizionali rapporti tra le cose, politicizzano l’arte e il ruolo dell’artista, impongono un confronto integrale con i segni della modernità: industria, macchine, guerra, slogan pubblicitari. Sul piano letterario, il genere “romanzo”, inadatto a comunicare la ricerca tumultuosa del nuovo, è sostituito dal “frammento”. C’è però una letteratura della “crisi” che, con grande carica conoscitiva, indaga nel fondo più segreto dell’animo umano, svuotando la consistenza dell’io e del reale ed evidenziando lo squilibrio che corrode l’individuo, la società, l’intera civiltà. A quest’ultimo filone si possono ricondurre autori fra loro lontani, ma appartenenti ad un unico spazio culturale: il francese Marcel Proust, che dalle contraddizioni e turbamenti di un mondo in disfacimento ricava un percorso di ricerca del tempo perduto, giungendo a creare con la sua opera una realtà estetica parallela e distinta da quella solo fenomenica; l’irlandese James Joyce, che distruggendo ogni equilibrio linguistico cerca di riprodurre nella scrittura il flusso continuo, molteplice ed indistinto della coscienza; l’austriaco Robert Musil, che costruisce un grande romanzo basato sull’impossibilità di ogni composizione ed un personaggio basato sull’assenza di ogni “qualità”; il tedesco Thomas Mann, che con lucido realismo scompone tutte le complicazioni della coscienza e dell’esistenza borghese; la narratrice inglese Virginia Woolf che, nella sua intensa rappresentazione delle problematiche legate alla condizione femminile borghese, interpreta il tempo come una serie di momenti isolati, riuniti soltanto dall’immaginazione e dall'associazione di idee dei suoi personaggi, (dodici ore in Mrs Dalloway, diversi anni in To The Lighthouse, poche ore in Beetween The Act, tre secoli nell’ Orlando); gli italiani Luigi Pirandello e Italo Svevo. (Durata: 1 ora)
Lettura collettiva e analisi comparata dei seguenti passi antologici:
La memoria involontaria, M. Proust. Dalla parte di Swann (Alla ricerca del tempo perduto). Il passo riporta il più famoso episodio del lungo romanzo Alla ricerca del tempo perduto. Il protagonista, dopo aver imbevuto nel tè la madeleine, una piccola focaccia che soleva mangiare da piccolo la domenica mattina, riesce a riappropriarsi di tutto il mondo della sua infanzia, di tutto il tempo vissuto a Combray quand'era bambino
“ ..Così è per il passato nostro. E' inutile cercare di rievocarlo, tutti gli sforzi della nostra intelligenza sono vani. Esso si nasconde all'infuori del suo campo e del suo raggio di azione in qualche oggetto materiale (nella sensazione che ci verrebbe data da quest'oggetto materiale) che noi non supponiamo. Quest' oggetto, vuole il caso che lo incontriamo prima di morire, o che non lo incontriamo. Già da molti anni di Combray tutto ciò che non era il teatro o il dramma del coricarmi non esisteva più per me, quando in una giornata d'inverno, rientrando a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose di prendere, contrariamente alla mia abitudine, un po' di tè. Rifiutai dapprima, e poi, non so perché, mutai d'avviso. Ella mandò a prendere una di quelle focacce pienotte e corte chiamate « maddalenine», che paiono aver avuto come stampo la valva scanalata d'una conchiglia. Ed ecco, macchinalmente, oppresso dalla giornata grigia e dalla previsione d'un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzo di «maddalena». Ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di focaccia toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m'aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M'aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità, la sua brevità illusoria, nel modo stesso che agisce l'amore, colmandomi d'un'essenza preziosa: o meglio quest'essenza non era in me, era me stesso. Avevo cessato di sentirmi mediocre, contingente, mortale. Donde m'era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo ch'era legata al sapore del tè e della focaccia, ma la sorpassava incommensurabilmente, non doveva essere della stessa natura. Donde veniva? Che significava? Dove afferrarla?[…] Certo, ciò che palpita così in fondo a me dev'essere l'immagine, il ricordo visivo, che, legato a quel sapore, tenta di seguirlo fino a me. Ma si agita in modo troppo confuso; percepisco appena il riflesso neutro in cui si confonde l'inafferrabile turbinio dei colori smossi; ma non so distinguere la forma, né chiederle, come al solo interprete possibile, di tradurmi la testimonianza del suo contemporaneo, del suo inseparabile compagno, il sapore, chiederle di rivelarmi di quale circostanza particolare, di quale epoca del passato si tratti […] E ad un tratto il ricordo m'è apparso. Quel sapore era quello del pezzetto di «maddalena» che la domenica mattina a Combray ( giacché quel giorno non uscivo prima della messa ), quando andavo a salutarla nella sua camera, la zia Léonie mi offriva dopo averlo bagnato nel suo infuso di tè o di tiglio[…] E, appena ebbi riconosciuto il sapore del pezzetto di " maddalena " inzuppato nel tiglio che mi dava la zia (pur ignorando sempre e dovendo rimandare a molto più tardi la scoperta della ragione per cui questo ricordo mi rendesse così felice), subito la vecchia casa grigia sulla strada, nella quale era la sua stanza, si adattò come uno scenario di teatro al piccolo padiglione sul giardino, dietro di essa, costruito per i miei genitori (il lato tronco che solo avevo riveduto fin allora); e con la casa la città, la piazza dove mi mandavano prima di colazione, le vie dove andavo in escursione dalla mattina alla sera e con tutti i tempi, le passeggiate che si facevano se il tempo era bello..”
Analisi: In questa opera Proust è sicuramente influenzato dalle teorie del filosofo francese Bergson sul modo di concepire il tempo. Egli riduce ogni vicenda, ogni situazione e ogni realtà oggettiva a qualcosa di puramente soggettivo, di modo che esse risultano prive di qualsiasi consistenza e hanno significato solo per l'autore perché sono il frutto di un recupero della memoria all'interno della dimensione inconscia dell'individuo. Proust spiega i meccanismi secondo i quali si avvia il recupero della memoria che è alla base della sua narrazione: in primo luogo il recupero del passato non avviene attraverso la "memoria volontaria", che è intesa come la normale capacità di registrare e ordinare i ricordi del passato, ma attraverso la "memoria involontaria", quella che è capace di restituire in modo irrazionale episodi del passato che si credevano perduti per sempre. A risvegliare e mettere in azione questa memoria basta lo stimolo di una sensazione visiva, o olfattiva, come un profumo o un sapore, perché dentro di noi riaffiori un ricordo legato a quella percezione. Ciò che ha il potere di far ritrovare i giorni trascorsi, rimossi dalla memoria volontaria, sono quei momenti in cui ad una situazione attuale viene a sovrapporsi una situazione passata, simile, che restituisce all'autore un frammento di vita trascorsa. Dunque la memoria è intesa come l'unico vero strumento di conoscenza che l'uomo ha a disposizione. Il narratore - un narratore che necessariamente finisce per coincidere sia con l'autore che con il protagonista ( narratore omodiegetico e autodiegetico)- deve limitarsi a registrare i fatti che emergono attraverso il lavoro della memoria senza la possibilità di dare un fondamento reale a ciò che viene detto. Non si tratta, però, del banale recupero di un dato sepolto, ma della riscoperta di un senso autentico, di una verità profonda e misteriosa in grado di ricomporre l’identita che sembrava perduta. Naturalmente, per compiere una simile operazione, Proust non può servirsi di un ordine lineare e cronologico degli eventi, ma, sconvolgendo i normali piani temporali e spaziali, narra le vicende passando continuamente dal passato al presente, da un luogo all'altro e da un episodio all'altro, a seconda di come esse appaiono alla memoria del narratore. Solo alla scrittura è affidato il compito di ricomporre in struttura consequenziale ciò che il ricordo disordinato dell’io narrante sembra sovrapporre senza attenzione. Il concetto cardine è quello delle intermittenze del cuore.
2. La fabbrica dei ricordi, L. Pirandello ( I vecchi e i giovani)
La trama: È un romanzo sociale di ambientazione siciliana. È la Sicilia dei sanguinosi moti dei "Fasci" del 1893, sconvolta dalle lotte di classe, con i clericali da un lato, (i Laurentano), tesi ad impedire il consolidamento del nuovo regime liberale e la nuova classe dirigente che, incerta sulla direzione da imprimere alla propria vita, disperde nel disordine morale i sacrifici e i meriti acquisiti. Più che casi individuali, i numerosissimi personaggi del romanzo presentano un campionario molto vasto di atteggiamenti. Così il principe don Ippolito Lurentano, fedele suddito borbonico che, per mancanza di fluido adattamento alle esigenze della vita, continua ad indossare le uniformi dell’esercito borbonico e si proietta verso universi ormai inesistenti (la stessa mascherata sarà ripresa nella commedia Enrico IV), don Cosmo Laurentano nobile decaduto intristito nell’ozio, come il Mastro Don Gesualdo di Verga, ma capace di guardare se stesso dal di fuori, di riflettere sulle cose, di confutare la legge della roba di cui pure resta vittima, don Flaminio Salvo, esponente della nuova borghesia capitalista, Roberto Auriti, glorioso garibaldino che si spegne in un'esistenza amorfa, donna Caterina Auriti, rappresentane dei virtuosi che, dietro la purezza ideologica, nasconde una sostanziale paura di vivere. I personaggi rappresentano un contrasto di concezioni e di ideali che si risolve nell’opposizione tra due generazioni: quella che ha fatto l'Unità e che vede perduta l'eredità risorgimentale e quella più giovane che nel gretto conservatorismo dei padri scorge solo la difesa di interessi reazionari.
L’episodio citato coinvolge due personaggi: don Salvo e don Aurelio. Quest’ultimo, figlio di un contadino, diviene ingegnere per generosità di Salvo, ma finisce per restare schiacciato dal peso della riconoscenza. Don Salvo, che sa di rivestire il ruolo del cattivo, in uno dei momenti “liberatori” riflette sull’aspetto esteriore della vita movimentata cui Aurelio è costretto per rendersi utile e lo invita a “vivere” pienamente attraverso la fabbrica dei ricordi.
“Vita mossa la tua [di Aurelio]! Ma forse questa gita è stata speciale. Quando siamo vecchi, ci si accendono così, a lampi, ricordi, visioni lontane di noi stessi quali fummo in certi momenti […] e non sappiamo neppure perché quel momento e non un altro ci sia rimasto impresso e, a un tratto, ci si stacchi e guizzi sperduto nella memoria…”
L’analisi: È il meccanismo della madeleine proustiana che porta la nostra memoria a registrare fatti “inutili” e quindi a “rimuoverli”, per poi tirarli fuori all’improvviso su effetto di sollecitazioni casuali. In Pirandello è molto frequente il ricorso a questa tecnica, ma i suoi personaggi sostano sempre in uno spazio ambiguo, dentro e fuori della propria parte, non c’è mai ricomposizione di una identità. Gli attimi generosi in cui Don Salvo riesce a vedersi con altri occhi sono di breve durata, subito riemerge in lui la parte del profittatore che non esiterà per interesse ad avviare Aurelio verso una sicura morte. Il messaggio che si ricava dalle pagine di questo romanzo, in parte ancora inscritto nel filone verista, è che qualsiasi tentativo di rivolta, condotto esclusivamente sul piano delle buone intenzioni di superficie, delle scelte deliberate e volontaristiche, è destinato a fallire, se prima non si procede ad una rivoluzione radicale delle strutture conoscitive, etiche e psicologiche dell’uomo. Renato Barilli parla di romanzo della “liquefazione” in quanto i caratteri individuali dei personaggi non ci sono più, sono “sovradeterminati”; tutti, sia i buoni che i cattivi intravedono la loro dimensione altra, ma restano prigionieri del dibattito fisso tra le ragioni di superficie e quelle del profondo. Non vi è ancora un punto di vista centrale, quello che segna il passaggio dal comico all’umoristico nei romanzi maggiori, ma una miriade di coscienze, ognuna tale da esemplificare un grado diverso nel processo verso il cambiamento di stato. (Durata 1 ora)
Lezione 2 : La “filosofia” di Pirandello tra influenze ed originalità
Bisogna innanzitutto precisare che per “filosofia” di Pirandello non ci si riferisce all’elaborazione teorica di un sistema di idee, ma alla visione del mondo di un poeta-artista-scrittore che ha saputo indagare in modo originale le più aspre ragioni di conflitto dell’uomo moderno. Il dramma da lui rappresentato è quello della realtà che sfugge ad ogni presa, della condizione umana contratta in un’atroce alternativa: l’abbandonarsi alla rapina della vita, inconsulta e mutevole che con moto perpetuo disfa le forme dell’essere o il restare bloccati nel circolo della propria coscienza, che ci vincola ad un istante ad un evento, ad un’epifania. La problematicità è dentro le cose come nei pensieri e nelle sensazioni. Il mondo della sua arte è fatto di esistenze mancate, di esperienze frustrate, di coscienze lese o incompiute; pensiamo alle somiglianze con l’Ulrich di Musil o con gli inetti di Svevo. Zeno Cosini e Mattia Pascal sono personaggi “in disponibilità”, privi di forti passioni, imprevedibili e incoerenti nei confronti della vita; mentre però per il primo conoscersi significa essere malati, perché la malattia è la condizione stessa del vivere, per il secondo conoscersi significa prendere coscienza della propria forma, estraniarsi, allontanarsi dallo scorrere naturale della vita e quindi morire. È la “filosofia del lontano” dell’eroe estraniato, del “forestiere della vita” che, con atteggiamento umoristico, di irrisione e pietà, osserva se stesso e gli altri uomini imprigionati nella trappola della società borghese, in quella che Macchia chiama la “stanza della tortura”. L’individuo comprende l’inconsistenza di ogni identità, la riconosce fluida e disponibile a venir modellata dagli altri. È la crisi del principio di proprietà psicologica, è l’identificazione bergsoniana tra la cosa e l’immagine della cosa, è la poetica dello specchio, il neànt (nessuno) di Sartre, aperto a frequentare l’essere, a nuotarci dentro, una volta abbattute le rigide categorie dell’Io (Ego di Freud). Questo sul piano teorico si traduce in relativismo conoscitivo, non esiste una posizione privilegiata da cui poter osservare il multiforme reale, non vi è una verità oggettiva, ma una proiezione soggettiva delle cose. Il dualismo soggetto-oggetto, positivismo- spiritualismo con cui fanno i conti tutti i pilastri del pensiero contemporaneo, si risolve in Pirandello nella scoperta di un contatto inedito con le cose, non più utilitario e abitudinario. Si tratta di un momento eccezionale, intuitivo e di scoperta quasi metafisica del mondo, molto simile all’ “intuizione” bergsoniana, all’ epochè husserliana ed anche all’epifania di Joyce. La vitalità dei suoi personaggi si rivela proprio in questi improvvisi scatti dell’immaginazione individuale che, come dice Salvatore Battaglia, “tramutano l’angustia asfittica di un’esistenza in un attimo di sconfinata rivalsa e di insostituibile possesso”( v. Il treno ha fischiato, o Ciaula scopre la luna). È però un attimo che scompare non appena si riduce la carica vitale dell’individuo e torna a galla l’irriducibile contrasto tra vita e forma. La grande novità di Pirandello rispetto alla tradizione di tipo naturalista, verista e decadente, dentro la quale pure si è venuta educando ed atteggiando la sua arte, sta proprio nell’imprevedibile vitalità dei suoi personaggi che, anche nella cruda disperazione, non comunica mai vanificazione e determinismo, ma senso di allarme e di lucida polemica. Frantumando la realtà e disarticolando il fittizio e convenzionale tessuto del vivere con disincantata interpretazione, l’autore ci ha costretti a verificare quel che di autentico e di inalienabile vi è nella natura degli uomini e nella storia della loro vita. Nella prefazione ai Sei personaggi in cerca d’autore Pirandello dichiara apertamente la sua appartenenza alla categoria degli scrittori filosofi che, diversamente da quelli più propriamente storici, non si limitano a rappresentare una figura di uomo o di donna per il puro gusto di rappresentarla o per compiacimento estetico, ma per farne il soggetto di una indagine profonda sul senso della vita,( funzione filosofica della letteratura).
L’avanguardismo di Pirandello è ancora vivo, risiede nei contenuti della sua opera così dolenti e amari e pur sempre attuali: solitudine dell’uomo, incapacità di comunicare, paura di vivere, ricorso all’irrazionale e al patologico dell’inconscio, senso del vuoto e della morte. (Durata 1 ora)
Lezione 3 Questionario di riepilogo.
5 domande a risposta multipla:
Quale romanzo segna l’inizio della carriera letteraria di Pirandello?
A) Il Fu Mattia Pascal
B) Il berretto a sonagli
C) L’esclusa
D) Sei personaggi in cerca d’autore
Come definisce Pirandello l’umorismo?
E) Il sentimento del contrario
F) L’avvertimento del contrario
G) La comicità
H) Uno sguardo penetrante
Si può parlare di verismo pirandelliano?
I) No, con Pirandello crollano l’univocità d’interpretazione della realtà e la descrizione del fatto obiettivo.
J) Sì, in special modo per l’analisi oggettiva dell’ambiente siciliano
K) Sì, Verga costituisce una guida essenziale per la produzione pirandelliana
L) Parzialmente i personaggi pirandelliani ricalcano le orme di quelli veristi
In che senso Mattia Pascal fa parte della galleria degli inetti del “romanzo nuovo”?
M) Perché, vittima della famiglia e della società che lo circonda, non sa reagire
N) Perché, evaso volontariamente e con la complicità di casi fortuiti da una realtà opprimente, è incapace di costruirsi un’esistenza libera, a sua immagine
O) Perché inscena il suicidio di Adriano Meis e ritorna a casa coma Mattia Pascal
P) Perché, tornato al suo paese sarà incapace riattrarre a sé la sua famiglia
In quale opera di Pirandello si può rilevare specificamente la tecnica del “teatro nel teatro”?
Q) Liolà
R) Sei personaggi in cerca d’autore
S) Il gioco delle parti
T) Uno, nessuno e centomila.


11 domande a risposta aperta
Prova a spiegare in che modo l’intreccio tra fattori materiali e fattori ideali incide sulla formazione culturale di Pirandello.
Definisci i concetti di “cultura” e di “periodizzazione”.
Ci sono teorie filosofiche e/o poetiche che interessarono Pirandello?
Individua le parole chiave presenti nei testi messi a confronto; riporta i passi in cui, secondo te, il pensiero di Pirandello richiama quello di Proust e motivane, se ci sono, le differenti soluzioni.
Cos’ è per Proust la “memoria involontaria” ?
Renato Barilli definisce “I vecchi e i giovani” romanzo della liquefazione. Cosa intende?
Tilgher riconosce nel contrasto tra vita e forma la concezione filosofica di Pirandello. Di cosa si tratta? È possibile per i personaggi delle sue opere sfuggire a questo irriducibile conflitto?
Cosa sono le “epifanie” e che valore hanno per Pirandello? Sai indicarmi quali altri autori utilizzano questo concetto?
Individua gli elementi di rottura con la tradizione e di novità presenti nella sua produzione.
Prova a spiegare sinteticamente i concetti di relativismo conoscitivo e di “filosofia del lontano”.
La produzione novellistica, romanzesca e teatrale di Pirandello presenta una certa identità di temi. Individuali e prova a darne una interpretazione in chiave attualizzante.
Bibliografia
S. BATTAGLIA, Il senso della vita nell’opera di Luigi Pirandello, Edizioni di Filosofia, Torino, 1962.
R. BARILLI, La linea Svevo- Pirandello, Mursia, Milano, 1988.

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