lunedì 26 maggio 2008

Modulo Pirandello: Unità Didattica 1

I UNITA’ DIDATTICA

L’INVOLONTARIO SOGGIORNO SULLA TERRA

Finalità:
L’unità didattica propone una ricostruzione della vita dell’autore di tipo deduttivo, attraverso la lettura di stralci epistolari e passi scelti di opere, contenenti riferimenti autobiografici. Rimandando ad un secondo momento lo studio del manuale, si intende proporre agli alunni una sorta di inchiesta sull’autore. La lettura del materiale documentario fornito a monte, e condotta a più livelli, intende fare maturare gradualmente negli alunni il senso della storia e della complessità dell’opera letteraria, come espressione della storia dell’individuo. Il filo conduttore del lavoro è il concetto che opere e documenti vanno letti come un complesso di testimonianze dell’universo materiale e spirituale dell’uomo: reperti di una lontana architettura letteraria, le cui fondamenta furono il tempo, l’habitat e la psicologia dell’uomo. L’incontro con i testi deve essere il termine di un dialogo, in cui il lettore-studente, recepita la distanza e la differenza del mondo espresso nell’opera letteraria, si chiede cosa significhi per sé quella diversità oggi. Inoltre gli studenti, stimolati dal gusto della ricerca, riscoprono l’importanza della contestualizzazione e storicizzazione, sviluppano l’attitudine a formulare ipotesi interpretative personali motivate, si aprono al confronto e al dibattito collettivo.

Materie coinvolte
Storia

Prerequisiti
Conoscenza del periodo storico post-unitario in Italia
Conoscenza della questione meridionale e del fenomeno del brigantaggio
Conoscenza delle vicende del primo Novecento relative all’avvento del Fascismo

Obiettivi specifici
Individuare i fattori sociali e individuali, che concorrono alla formazione di un autore
Potenziare la capacità di porre in correlazione i fattori materiali, storici e ideali nella produzione letteraria
Saper distinguere tra ritratto storico e autoritratto ideale
Potenziare la capacità di esposizione orale
Formulare giudizi motivati
Imparare a realizzare mappe e schemi riassuntivi


Contenuti
Testo d’ingresso: (a) Lettera a Faraci del 1887
(b) Frammento autobiografico dettato da Luigi Pirandello all'amico Pio Spezi a Monte Cavo nell'estate 1893
Pirandello e la Sicilia
Pirandello e il suo tempo
(c) Passi scelti da I vecchi e i giovani
Vita e formazione, con accenni alla poetica
(d) Lettera autobiografica scritta probabilmente fra il 1912 e il 1913, apparve nel periodico romano Le lettere (numero del 15 ottobre 1924), con la seguente nota del Direttore Filippo Súrico: l'autobiografia fu integralmente ripubblicata nello stesso periodico nella serie VII, n. 1, 28 febbraio 1938, come atto di omaggio a Luigi Pirandello dopo la sua morte.
Metodologie
Lezione frontale
Lettura guidata di fonti
Lezione partecipata
Lavori individuali: mappe concettuali

Tempi
5 ore ( comprensive di 1h di verifica)

Strumenti
Libro di testo
Fotocopie
Fotografie
Lavori individuali
Mappe concettuali
Lettura di passi scelti da I vecchi e i giovani

Spazi
Aula
Lavori svolti a casa

Verifica
Questionario a risposta aperta (10 domande)

Articolazione dell’unità didattica e applicazione delle metodologie
Lezione 1 Con i testi di ingresso (a) e (b) si intendono dare le coordinate storiche e geografiche della vita di Pirandello, come uomo prima che letterato. Si propone agli alunni un’iniziale lettura esplorativa condotta a casa, in cui dovranno annotare le loro aspettative sul documento, le impressioni iniziali e le espressioni e/o parole, che hanno attirato maggiormente la loro attenzione, e che hanno fornito i primi indizi su luoghi e tempi della nascita di Pirandello. In classe l’insegnante darà modo agli alunni di esprimere quanto annotato a casa: ciascuno esprimerà le proprie impressioni, confrontandosi con i compagni. Sulla scia di queste iniziali considerazioni, l’insegnante farà l’analisi del testo dei due brani, facendo sottolineare ai ragazzi - lettura guidata – parole ed espressioni significative. Dopo un sintetica presentazione del romanzo I vecchi e i giovani, avvalendosi della lettura di passi scelti (c), supportati da fotografie, l’insegnante illustrerà con metodo frontale i rapporti tra Pirandello e la Sicilia, e Pirandello e il suo tempo. Lo scopo è quello di sottolineare l’importanza del contesto, sia geografico che temporale, oltre che evidenziare come ciascun uomo, in quanto figlio del suo tempo, è condizionato dal complesso intreccio di fattori sociali, geografici e ideologici dell’epoca in cui vive. Dando voce all’autore stesso, e al suo modo di oggettivare nella scrittura il suo contatto con il mondo e con il tempo, si intende stimolare la capacità di immedesimazione dei ragazzi e di raffronto con la propria realtà e il proprio tempo. L’insegnante per casa assegnerà un lavoro di ricerca sintetica sulla vita di Pirandello.
Tempi: 2 ore

Lezione 2 La seconda lezione si avvarrà dell’ausilio della ricerca fatta a casa come base utile agli studenti per seguire in classe la lettura a confronto dei testi (b) e (d), con il duplice scopo di dare una successione continua dei momenti salienti della vita e della formazione dell’autore, e creare raffronti tra ritratto storico e ritratto “ideale” dell’autore. Parallelamente alla vita ufficiale e ai drammi dell’uomo si dedurranno nuclei tematici, che anticipano gli elementi portanti della produzione letteraria e quindi della poetica, secondo la successione: dato biografico → risvolto psicologico → concetto-chiave = poetica. Il metodo adottato sarà quello della lezione partecipata, dato dall’alternarsi di spiegazioni, momenti di riflessione e dibattito, secondo le curiosità e le domande mosse dagli studenti. Per casa gli studenti dovranno sintetizzare i dati estrapolati dai testi in classe, riscrivendo in modo personale la biografia, scegliendo la forma della relazione o della mappa concettuale. La biografia costituirà così un punto di riferimento per l’analisi e la lettura dei testi, che nelle successive unità didattiche saranno esaminati.
Tempi: 2 ore

Lezione 3 Questionario con domande a risposta aperta.
Tempi: 1 ora
ESPOSIZIONE DEI CONTENUTI

Lezione 1

Testo di ingresso

(a)Lettera a Faraci del 1887

“…una notte di giugno caddi come una lucciola sotto un gran pino solitario in una campagna d’olivi saraceni affacciata agli orli d’un altipiano d’argille azzurre sul mare africano. Si sa le lucciole come sono. La notte, il suo nero, pare lo faccia per esse che, volando non si sa dove, ora qua ora la, vi aprono un momento quel loro languido sprazzo verde. Qualcuna ogni tanto cade e si vede allora sì e no quel suo verde sospiro di luce in terra pare perdutamente lontano. Così io caddi quella notte di giugno, che tant’altre lucciole gialle baluginavano su un colle dov’era una città la quale in quell’anno pativa una grande morìa. Per uno spavento che s’era preso a causa di questa grande morìa, mia madre mi metteva al mondo prima del tempo previsto, in quella solitaria campagna lontana dove s’era rifugiata. Un mio zio andava con un lanternino in mano per quella campagna in cerca di un’contadina che ajutasse mia madre a mettermi al mondo. Ma già mia madre s’era aiutata da sé ed io ero nato prima che quel mio zio ritornasse con la contadina. Raccattata dalla campagna, la mia nascita fu segnata nei registri della piccola città sul colle. Io penso…che sarà cosa certa per altri che dovevo nascere là e non altrove e che non potevo nascere né dopo né prima; ma confesso che di tutte queste cose non mi sono fatto ancora né certo saprò farmi mai un’idea”

(b) Frammento autobiografico dettato da Luigi Pirandello a Monte Cavo, nell'estate 1893, all'amico Pio Spezi, e da questi dopo moltissimi anni pubblicato nella Nuova Antologia (fascicolo del 16 giugno 1933)
“Io dunque son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco, denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti. Colà la mia famiglia si era rifugiata dal terribile colera del 1867, che infierí fortemente nella Sicilia. Quella campagna, però, porta scritto l'appellativo di Lina, messo da mio padre in ricordo della prima figlia appena nata e che è maggiore di me di un anno; ma nessuno si è adattato al nuovo nome, e quella campagna continua, per i piú, a chiamarsi Càvusu, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco Xáos.”
Analisi I due testi autobiografici descrivono la nascita dell’autore attraverso i suoi occhi e la sua memoria. Dal punto di vista testuale si tratta di documenti autobiografici, l’uno in forma di lettera, l’altro di frammento, in cui l’autore ripercorre il momento della sua nascita. Il testo epistolare, pur essendo di solito caratterizzato da un tono informale, suggerisce la volontà di relazione con i contemporanei e i posteri, alla cui memoria Pirandello affidò frammenti del suo “involontario soggiorno sulla terra”. Nel primo brano Pirandello descrive in modo vago, quasi fiabesco, la sua nascita, che è equiparata a una caduta (“caddi”). L’immagine della caduta è legata all’idea pirandelliana di casualità che domina la vita, sempre avvolta dalle tenebre della notte, rispetto alla quale la nascita costruisce un momento di tregua, “…un sospiro di luce in terra…”. Rispetto al luogo e al tempo, Pirandello dice solo di essere nato in una campagna di olivi saraceni su di un altipiano d’argille azzurre sul mare africano. Sembra che Pirandello, con tecnica quasi cinematografica, stia riprendendo dall’alto la scena di questa caduta, mettendo a fuoco dettagli della scenografia. Quanto al tempo, dice che cadde quella notte di giugno, mentre imperversava una grande morìa, senza aggiungere altro. Interessante poi è l’immagine della solitudine della madre, l’assenza del padre, che era lontano, e dello zio, che non arriva in tempo. Vale la pena fare una riflessione sull’espressione la mia nascita fu raccattata dalla campagna. Pirandello, quando sostituisce il verbo cadere con il sostantivo nascita, sente il bisogno di affiancarla a quel raccattata, quasi a volere ancora una volta sottolineare il senso di precarietà, di solitudine, di piccolezza dell’avvenimento stesso. Ma a raccattare la sua nascita è la campagna, non già la madre, o il padre, o ancora lo zio ma la terra appunto. Ne deriva il senso di legame profondo quasi fatale con la terra, confermato dalla successiva riflessione che doveva nascere lì e non altrove e che non poteva nascere né dopo né prima. Pirandello da subito si senti “fuori della vita”se dice poi:“confesso che di tutte queste cose non mi sono fatto ancora né certo saprò farmi mai un’idea”. Da notare l’uso del termine cose al posto di avvenimenti, la ripetizione per tre volte del non e del né, quasi a sottolineare nella scelta la lessicale la negatività della vita stessa. Rispetto alla prima lettera, il frammento successivo offre maggiori chiarimenti circa il luogo e il tempo. All’altopiano di argille azzurre subentra la contrada Caos, di cui si definisce figlio in senso letterale e alla grande morìa sostituisce il terribile colera del 1867. Compare qui la famiglia che sostituisce l’immagine solitaria sia della madre che dello zio. Attraverso la spiegazione del nome della contrada, Pirandello chiarisce l’intima correlazione, che colse sempre tra il significante e il significato, tra i nomi e le cose, tra le persone e i luoghi. Alla luce di questi presupposti la ricostruzione della vita di Pirandello non può prescindere dal contesto spaziale e temporale, a cui appartennero sia la vicenda terrena che spirituale dell’uomo.

- Pirandello e la Sicilia
I vecchi e i giovani (c)
Dunque Pirandello, nato il 28 giugno del 1867, dice di essere figlio del Caos, la Valsanìa del romanzo I vecchi e i giovani. L’esame di quest’ultima opera è utile ai fini della ricostruzione della biografia dell’autore.
Il romanzo de I vecchi e i giovani, sfuggendo ad un’esatta collocazione cronologica – scritto tra il 1906 e il 1909, pubblicato in volume nel 1813- è un’opera storica, che narra le vicende politiche e sociali della Sicilia e dell’Italia tra il 1892-1893. Pirandello lo definì “..amarissimo e popoloso romanzo, ov'è racchiuso il dramma della mia generazione”. Questo romanzo storico di impianto vicino a quello naturalistico, esaurì un'esigenza personale dell'autore di venire a capo del proprio vissuto, storico e autobiografico.
Il titolo rimanda al confronto tra le due generazioni: i vecchi che fecero l’Italia, i giovani che appaiono smarriti e incerti sulla direzione da dare alla propria vita, che si conclude in un fallimento.
Il romanzo, nei suoi elementi fortemente autobiografici, dimostra come Pirandello attraverso la scrittura creò un rapporto osmotico tra vita e produzione letteraria. Ne I vecchi e i giovani Luigi Pirandello ripropone la contrada Caos, che però acquista un significato simbolico del caos, che predomina sui progetti e sulle aspirazioni di tutti.
Ritornano dunque i luoghi di Pirandello: Girgenti con le sue strade, Caos con l’ulivo saraceno, i templi, il popolo. La descrizione di Girgenti (Akràgas per i Greci, Agrigentum per i Romani, Kerkent per gli Arabi), che apre il romanzo appare simbolica: “…la pioggia, caduta a diluvio durante la notte, aveva reso impraticabile quel lungo stradone di campagna, tutto a volte e risvolte, quasi in cerca di men faticose erte e di pendii meno ripidi. Il guasto dell’ intemperie appariva tanto più triste, in quanto, qua e là, già era evidente il disprezzo e quasi il dispetto della cura di chi aveva tracciato e costruito la via per facilitare il cammino tra le asperità di quei luoghi con gomiti e giravolte e opere or di sostegno or di riparo: i sostegni eran crollati, i ripari abbattuti, per dar passo a dirupate scorciatoje, … abbandonata in una miseria senza riparo, silenziosa e attonita superstite nel vuoto d’un tempo senza vicende, costellata di vecchie casupole, vere tane di miseria”.
Le strade “Vi si saliva per angusti vicoli sdruccioli, a scalini, malamente acciottolati, sudici spesso, intanfati dai cattivi odori misti esalanti dalle botteghe buje come antri...” La monotonia, il grigiore e la noia della esistenza sembrano interrotte soltanto da pettegolezzi e liti “… le giornate uguali tutte, vedendo la stessa gente alla stess’ora, udendo le solite liti che s’accendevano da un uscio all’altro tra due o più comari linguacciute…”.
Dalla sua terra Pirandello assorbì usi, costumi e tradizioni, colse l’insanabile contrasto tra la grandezza del passato - i templi, “vivi essi soli già tra la rovina spaventevole della città, morti ora essi soli in mezzo a tanta vita d’ alberi palpitanti, nel silenzio, di foglie e di ali, spettri d’un altro mondo e di ben altra vita.”- e l’immobilità del presente, le avversità di una sorte e di una storia, che aveva relegato il popolo - “…gente tozza e rude, cotta dal sole…solfatari e contadini, dalle facce terrigne e arsicce, dagli occhi lupini…lampeggianti d’ansietà torbida e schiva…”, “…sempre d’un passo, cascanti dalla noia, con l’automatismo dei dementi…Accidia taciturna, diffidenza ombrosa e gelosia…era radicata… nel concetto che nulla potesse avvenire, che vano sarebbe stato ogni sforzo per scuotere l’abbandono desolato, in cui giacevano non soltanto gli animi, ma anche tutte le cose….”
(da I vecchi e i giovani)
Il pino solitario e l’ulivo saraceno - “…c’era da più che cent’anni un olivo saraceno, il cui tronco robusto, pieno di gruppi e di nodi, per contrarietà dei venti o del suolo, era cresciuto di traverso e pareva sopportasse con pena infinita i molti rami sorti da una sola parte, ritti, per conto loro”, - fu elevato da Pirandello a emblema di se stesso “Io sono come l’albero” (Primo foglietto di appunti) e del dramma esistenziale del suo popolo, fisso nell’immobilità di un tremendo destino, rassegnato ad un’esistenza senza scopo. I suoni, colori, suggestioni, le atmosfere della sua terra e la sicilianità costituiscono il sottosuolo psicologico della sua opera, e senza di esse non si spiegherebbe la grandezza della sua arte. L’ideologia pirandelliana è dunque connessa a esperienze storico-culturali vissute in quel pezzo di terra. Dalla sua terra Pirandello assorbì usi e costumi, tradizioni, superstizioni e, fattore ancora più importante, l’atteggiamento “umoristico” nei confronti del reale, elevando quei caratteri infimi di una società regionale alla vita non solo delle altre classi della penisola ma del mondo. Girgenti apparve a Pirandello un luogo emblematico, sempre lo stesso eppure diverso anche nei nomi, città sofferente abitata da pochi nobili e borghesi e da una grande massa di poveri contadini, sfruttati e ancora legati a un’economia arcaica. I personaggi di Pirandello sono popolani reali in senso storico e regionale, che pensano e operano così, proprio perché sono popolani e siciliani. Molti dei loro punti di vista esistono nella vita e nella cultura popolare di grado infimo e nel folcrore di quel tempo. Pirandello visse con le sue origini un rapporto malinconico e contraddittorio, sospeso sempre tra la voglia di evasione, che lo portò il più lontano possibile dalla sua isola, e il desiderio di tornarvi nell’ultima ora: “Salutatemela, codesta mia terra natale, nel cui grembo, quando che sarà, vorrò riposare per sempre senza un nome che mi rammenti su un sasso agli uomini, i quali forse un giorno potrebbero venire a disturbarmi”
(Luigi Pirandello, Bonn, 11 novembre 1889).

- Pirandello e il suo tempo
Pirandello nel romanzo de I vecchi e i giovani, oltre a recuperare i luoghi, ricostruì il suo tempo a ritroso a partire dall’amara vicenda storica della questione meridionale dei Fasci.
Già nei moti siciliani del 1848 “… non era mai passata per il capo l’idea dell’unità italiana e il Parlamento siciliano…non aveva mai proposto né confederazione italiana né annessione all’Italia, ma un chiuso regno di Sicilia…”
(da I vecchi e i giovani)
Quando Garibaldi sbarcò a Marsala nel 1860, a Girgenti giunse solo l’onda lunga dell’avvenimento storico, mentre le masse popolari vivevano in un ghetto morale con la mente ispessita da “…una dura scorza secolare di stupidità armata di diffidenza e d’astuzie animalesche…”.
(da I vecchi e i giovani)
L’unità d’Italia fu vissuta in Sicilia con timidi fermenti isolati rispetto alla generale indifferenza.
Così Pirandello, attraverso Roberto Auriti de I vecchi e i giovani, descrive la triste vicenda isolana “qual rovinìo era sopravvenuto in Sicilia di tutte le illusioni, di tutta la fervida fede, con cui si era accesa alla rivolta! Povera isola trattata come terra di conquista! Poveri isolani, trattati come barbari che bisognava incivilire!”
(da I vecchi e i giovani)

Intanto la Sicilia era “entrata nella grande famiglia italiana con un debito pubblico di appena ottantacinque milioni di capitale e con un lieve bilancio di circa ventidue milioni”. Lo spettro della questione meridionale non era lontano! Il Sud con le sue problematiche sarebbe stato ignorato tanto dalla politica della destra quanto della sinistra storica, volti diversi di uno stesso “…iniquo ordinamento economico, dove uomini vivono…cioè, no…oppure si…uomini vivono senza lavorare, e uomini, pur lavorando, non vivono!”. Il movimento dei Fasci, nato come movimento di lotta operaia, fu privo di ogni sostegno e base ideologica. Il Fascio di Girgenti -dice Pirandello - fu solo “una buffonata”, “ombre vane”, “filze di nomi e nient’altro”, dovute a un “inevitabile contagio psichico”, “febbre passeggera, delirio di incoscienti”. Rispetto a queste vicende storiche, la posizione di Pirandello è quella del personaggio chiave di don Cosmo Laurentano, che incarna la figura del “filosofo estraniato”, che ha capito il giuoco e guarda la vita e il progresso con un’infinita lontananza. Il messaggio conclusivo del romanzo è il procedere della storia come un movimento insensato che gira di continuo su se stessa e che “non conclude”.
“Affannatevi e tormentatevi, senza pensare che tutto questo non conclude. Bisogna vivere, cioè illudersi, lasciar giocare in noi quel demoniaccio beffardo, finché non si sarà stancato; e pensare che tutto questo passerà…passerà..”

In queste parole si coglie l’esistenzialismo di Pirandello, che fu mondiale senza perdere la sua matrice regionale siciliana. Il suo punto di vista fu proprio di chi si sentì offeso non solo da un tempo mediocre ma anche da un sistema fallimentare, corrotto e lacerato, nascosto da maschere di comodo, che perciò occorreva impietosamente strappare.
“…Le industrie…questa tovaglia …questo bicchiere …tutte queste minchionerie servono per riempire in qualche modo questa minchioneria massima che chiamiamo vita, per darle una certa apparenza, una certa consistenza…”
“Io comincerei… dal rompere questo bicchiere. Poi butterei giù la casa…Ricominciando daccapo, chi sa?...Di reale non c’era altro che la disperazione di tanti infelici, condannati dall’ignoranza a una perpetua miseria”
(da I vecchi e i giovani)
Lezione 2
(d) Lettera autobiografica, che apparve nelle colonne del periodico romano Le lettere (numero del 15 ottobre 1924), con la seguente nota del Direttore, Filippo Súrico: (L'autobiografia fu integralmente ripubblicata nello stesso periodico Le lettere (Serie VII, n. 1, 28 febbraio 1938), come atto di omaggio a Luigi Pirandello dopo la sua morte).
“Sono nato in Sicilia, e precisamente in una campagna presso Girgenti, il 28 giugno del 1867. Venni a Roma la prima volta nel 1886 e vi stetti due anni. Nell'ottobre del 1888 partii per la Germania e vi rimasi due anni e mezzo, cioè fino all'aprile del 1891. Mi laureai là, all'Università di Bonn, in lettere e filosofia. Nel 1891 ritornai a Roma, e non me ne son piú mosso. Insegno, purtroppo, da 15 anni Stilistica nell'Istituto Superiore di Magistero Femminile. Dico purtroppo, non solo perché l'insegnamento mi pesa enormemente, ma anche perché la mia piú viva aspirazione sarebbe quella di ritirarmi in campagna a lavorare.
Come vede, nella mia vita non c'è niente che meriti di essere rilevato: è tutta interiore, nel mio lavoro e nei miei pensieri che... non sono lieti. Io penso che la vita è una molto triste buffoneria, poiché abbiamo in noi, senza poter sapere né come né perché né da chi, la necessità di ingannare di continuo noi stessi con la spontanea creazione di una realtà (una per ciascuno e non mai la stessa per tutti) la quale di tratto in tratto si scopre vana e illusoria. Chi ha capito il giuoco, non riesce piú a ingannarsi; ma chi non riesce piú a ingannarsi non può piú prendere né gusto né piacere alla vita. Cosí è. La mia arte è piena di compassione amara per tutti quelli che si ingannano; ma questa compassione non può non essere seguíta dalla feroce irrisione del destino, che condanna l'uomo all'inganno.
Questa, in succinto, la ragione dell'amarezza della mia arte, e anche della mia vita….”
- Vita e formazione, con accenni alla poetica
Partendo dall’esame comparativo dei testi (a), (b) e (d), si può notare come Pirandello, nella lettera a Faraci del 1887 cita la sola mamma, nel frammento autobiografico dettato all’amico Pio Spezi del 1893, ripercorrendo in ordine cronologico la sua vita dall’infanzia al 1891, anno in cui conseguì la laurea in Filologia romanza., dice del padre disse che era affettuoso in genere, quanto terribile nell'ira.
Emergono così i rapporti tra i genitori, caratterizzati dagli improvvisi scatti d’ira del padre, lunghi silenzi, menzogne, e tradimenti, tollerati dalla mesta e sottomessa madre. Così nella trasposizione letteraria del romanzo L’esclusa, sappiamo della madre che :“… già da un pezzo aveva imparato a misurare ogni dispiacere, ogni dolore, non per se stessa, ma in considerazione delle furie, che avrebbe suscitato nel marito. Se tal volta, buon Dio, per il guasto o la rottura di qualche oggetto anche di poco valore… tutta la casa piombava nel lutto, nella costernazione più grave….e i vicini, risapendolo, ne ridevano. Per una boccettina? Per un ninnolo qualunque? Ma bisognava vedere che cosa importava per lui quel guasto o quella rottura. Una mancanza di riguardo, non all’oggetto ma a lui che l’aveva comprato…”. Mentre notizie indirette della relazione adulterina tra il padre e la cugina, si ricavano dalla novella Il ritorno. Qui Pirandello racconta di una domenica mattina, quando“…era andato a sorprenderli, una di quelle domeniche. Il padre aveva fatto a tempo a nascondersi dietro un tenda verde…ma la tenda era corta, e sotto …si vedevano le due grosse scarpe di coppale lisce e lustre; ella era rimasta a sedere al tavolino, col bicchierino ancora tra le dita…Le era andato di fronte e s’era tirato un po’ indietro col busto per scagliarle con più forza in faccia lo sputo…il padre non s’era mosso…e a lui a casa non aveva torto un capello…s’era vendicato sopra la madre”.
Sull'infanzia di Pirandello dunque incisero:
- i rapporti tra i genitori;
- la serva di famiglia, che lo avvicinò alle pratiche religiose, inculcandogli credenze superstiziose popolari;
- l’ amplesso di due amanti contestuale alla scoperta di un morte in una torre.
Da questi episodi biografici derivarono figure di donne sempre accompagnate da un senso di morte e ribrezzo, oltre che dell’amore concepito secondo i seguenti binomi:
amore /morte,
amore /incomprensione,
amore /finzione
amore /tradimento.
Gli anni compresi tra il 1886 e 1891 lo videro tra Palermo, Roma e Bonn, dove conseguì la laurea in filologia romanza con la tesi "Voci e sviluppi di suoni nel dialetto di Girgenti".
Il soggiorno a Bonn (1889 -1891) gli diede l’opportunità di entrare in contatto con la cultura europea. Di Bonn Pirandello avrebbe scritto: “…Bonn è la città silenziosa per eccellenza, ma poi questa mia nuova casa è il simbolo del silenzio”. A Bonn Pirandello ebbe insigni maestri, come Bucheler, Usener e Foerster; entrò in contatto con il mondo intellettuale europeo e la cultura romantica, che incise molto nella successiva produzione e nella genesi della poetica dell’umorismo.
Il clima diverso da quello siciliano e il silenzio della città ridestarono in lui forze inespresse. Furono anni di fervida produzione poetica. In un’altra lettera avrebbe detto che la musica di Beethoven destavano in lui “visioni magnifiche e cose mai viste.
Al 1892 risale il suo trasferimento a Roma e l’incontro con Luigi Capuana, che lo appoggiò molto e che gli aprì le porte dei salotti letterari, conoscendo giornalisti, scrittori, artisti e critici.
Dice nella lettera autobiografica del 1913 che “Fino a tutto il 1892 non mi pareva possibile che io potessi scrivere altrimenti che in versi. Devo a Luigi Capuana la spinta a provarmi nell’arte della narrativa in prosa…”.
Il 1894 invece è l’anno del matrimonio con Maria Antonietta Portulano, figlia di un ricco socio del padre. Nell’unione coniugale con la Portolano Pirandello dovette però sperimentare ancora una volta quel senso frustrante di solitudine: Antonietta, con una formazione mentale distante dal marito, non poteva comprendere il dramma dell’intellettuale per un’idea o personaggi cui dar forma.
Il 1903 fu l’anno del crollo economico e della malattia di Antonietta. Furono anni difficili per Pirandello, in cui dovette conciliare le cure per la moglie, la sua precaria salute e l’incarico all’Istituto Superiore di Magistero Femminile. Nei Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Pirandello tratteggia un triste quadro familiare, in cui la moglie “…è la soppressione della vita; si opprime da sé povera Nene, con la sua follia…”, mentre lui “…avvertiva la ridicolaggine atroce della sua tragedia: essere lo zimbello di una vera e propria follia….non poteva fare: s’era escluso dalla vita, aveva finanche rinunziato all’arte…Ma questo suo sacrificio non era valso a nulla….”
(da Giustino Rondella nato a Boggiòlo)
La convivenza con la follia della donna fu il germe della concezione di:
Famiglia e meccanismo sociale → trappola (prigione dell’uomo), ≠ la spontaneità della vita.
Follia e/o immaginazione = vie di uscita dalla società (costruzione artificiale e fittizia, altra prigione dell’uomo).
La realtà appare relativa e ciascuno risulta essere invischiato nella maschera (forma), che egli si dà o che gli altri gli attribuiscono → solitudine e incomunicabilità.
Da quel momento la produzione di Pirandello fu febbrile e incessante: il primo grande successo fu il romanzo Il fu Mattia Pascal, pubblicato nel 1904 e subito tradotto in diverse lingue.
Nel 1908 scrisse il saggio dell’umorismo, in cui egli definì la sua poetica → arte fuori chiave, che scompone, disgrega, fa emergere incoerenze, contrasti e l’opposto di ogni pensiero. Mettendo a confronto il testo dell’umorismo e della lettera del 1913, emerge la seguente distinzione tra:
Comico Umorismo
↓ ↓
avvertimento del contrario ossia rispecchia le contraddizioni senza analizzarle stimolando la riflessione, è il sentimento del contrario.

Oltre che i concetti chiave di:
la vita → una molto triste buffoneria
l’arte → compassione amara per tutti quelli che si ingannano
Alla fine del primo conflitto mondiale, dopo la disputa con Gentile, la prigionia e la malattia dei figli Stefano e Fausto, il peggioramento della moglie, recluse la moglie in manicomio nel 1918. Pochi anni dopo, tra il 1921 e il 1922 maturò l’abbandono dell’insegnamento e l’approdo definitivo al teatro:
all’ insuccesso clamoroso della rappresentazione a Roma, seguì il trionfo a Milano di Sei personaggi in cerca d’autore.
Nel 1924 Pirandello aderì pubblicamente al Fascismo con un telegramma pubblicato sul quotidiano L'Impero, -“Eccellenza, sento che questo è per me il momento più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita sempre in silenzio. Se l'E.V. mi stima degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregierò come massimo onore tenermi il posto del più utile e obbediente gregario. Con devozione intera”-.
L’adesione al Fascismo fu dettata dalla necessità di avere appoggi da parte del regime. I rapporti furono comunque ambigui: il Fascismo fu visto come garanzia di ordine e il tramonto del clima borghese post unitario. Tuttavia Pirandello si rese conto del carattere repressivo del regime e, pur accettando il titolo di Accademico nel 1929, pubblicò la novella C’è qualcuno che ride sul Corriere della Sera, che conteneva con posizioni antifasciste. I toni della novella contraddicevano quelli dell’articolo pubblicato su “Le Journal” di Parigi, in cui Pirandello aveva definito se stesso un Virgilio e Mussolini un novello Augusto. Ad ogni modo un’altra motivazione pragmatica dell’adesione al Fascismo, potè essere la fondazione della nuova "Compagnia del teatro d'arte": l'iscrizione al partito serviva per essere sicuro del sostegno governativo e delle sovvenzioni economiche. Con questa compagnia, e l’inseparabile Marta Abba, cominciò a viaggiare per il mondo. Le sue commedie vennero interpretate anche nei teatri di Broadway, i suoi romanzi cominciano anche a diventare film. I successi furono ininterrotti fino al conferimento nel 1934 del premio Nobel. L’approdo al cinema fu quasi inevitabile e proprio, mentre assisteva a Cinecittà alle riprese di un film tratto dal suo "Il fu Mattia Pascal", si ammalò di polmonite e morì il 10 dicembre 1936. I funerali si celebrarono, seguendo le sue ultime volontà: il corpo bruciato, avvolto in un lenzuolo bianco e portato su un carro di poveri, senza alcun seguito. Mercadier definì quello spettacolo “grottesco, commovente, equivoco e segreto”. Anni dopo le sue ceneri, non potendo essere sparse per il "Caos", come avrebbe voluto, chiuse in un vaso greco, furono calate in una “rozza pietra” e sigillate, poste sotto quel pino solitario dove una lontana notte di giugno era “caduto come una lucciola”.
Lezione 3

Verifica

Tempi: 1 ora

Questionario:

1) In base alle letture fatte in classe e a casa, qual è l’opera di Pirandello da intendersi maggiormente autobiografica?
2) Il candidato illustri i rapporti tra Pirandello e la famiglia alla luce dei passi scelti letti in classe.
3) Quali sono le fasi della formazione culturale di Pirandello? E quanto incisero nella formazione dell’autore gli anni trascorsi in Germania?
4) Quale tipo di intellettuale rappresenta preferibilmente Pirandello nelle sue opere? Quale tipo di intellettuale rappresentò lui stesso? Riflettere sul suo rapporto con il potere, con la borghesia del tempo, con le macchine.
5) Quanto incise nella genesi poetica di Pirandello la pazzia della moglie?
6) Il candidato/a descriva sinteticamente il significato dell’umorismo.

Bibliografia
Gaspare Giudice, Luigi Pirandello, UTET, Torino 1963
Enzo Lauretta, Luigi Pirandello. Storia di un personaggio fuori chiave, Mursia, Milano 1980, pp. 1-135.
Leonardo Sciascia, Pirandello e la Sicilia, Adelphi, Milano 199

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